Adalgisa

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  1. Rosa Bulgari
     
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    Mi pare che un vecchio detto napoletano reciti "il cazzo non vuole pensieri", niente di più vero diamine, il turgore sul quale si sarebbe potuta edificare una memorabile scopata era letteralmente svanito, pregai Adalgisa di darmi il tempo di somatizzare la sua richiesta, di valutare i pro e i contro.

    Lei si staccò dal pene con riluttanza ma capì la situazione. Presi il telefono per chiamare Nonna affinché mi consigliasse, mentre componevo il numero per la chiamata internazionale (non si chiamava direttamente come si fa oggi) apparve sulla porta Simon, il suo faccino era tristissimo, posai la cornetta e gli feci cenno di sedersi accanto a me, mogio-mogio si accomodò sul bordo del letto al mio fianco, teneva la testa bassa e le mani giunte, a mo' di preghiera, infilate dentro le cosce, mi fece una tenerezza infinita, gli diedi un bacino all' angolo delle labbra rassicurandolo che la faccenda si sarebbe risolta.

    Non intendevo rinunciare a Simon, così come non intendevo rinunciare a sua madre, non si scappa dal paradiso!

    Chiesi a Simon di far salire in camera sua madre, dille che intendo ingravidarla..., raggiante dalla felicità, Simon chiamò a gran voce Adalgisa... mamma, mamma corri su Raniero ci regalerà un bambino!

    Era così bella (Adalgisa) quando la sua figura si stagliò nell' uscio con la luce che la illuminava da dietro, ansimante, scompigliata e seminuda, nessun pittore avrebbe potuto darle più risalto di quello che la natura aveva già congegnato.

    In quel momento capì l' amore, in quel momento ero cosciente che stavo per perdermi nel sentimento più dolce e aspro che gli esseri umani vivono, soffrono e cogitano.

    Adalgisa si stese sul letto a gambe divaricate, la poca e bionda peluria pubica contornava le splendide labbra della sua vagina, questa sola visione mi fece andare il sangue alla testa (alle due teste in realtà), il cazzo si tese come un grosso ceppo da camino piantato tra i testicoli, il luccicore della vagina mi confermava che era in trepidante attesa di essere posseduta, non indugiai, la penetrai in un sol colpo, il suo urlo frammisto di gioia e dolore si udì anche da basso, Simon si precipitò in camera proccupato, quello che vide lo rassicurò, le gambe di Adalgisa erano appoggiate sulle mie spalle, la sua figa completamente esposta al martellare ritmico del mio cazzo, con le mani strizzavo i suoi turgidi capezzoli, lei ballonzolante continuava a urlare la sua gioia e il suo dolore, Simon si apprestò a noi facendo alternativamente "linguainbocca", accarezzandoci e masturbando la clitoride della madre che urlava il suo piacere a squarciagola...

    Non ho cronometrato il tempo occorso per "fare un figlio", ma quanto sia stato è sicuramente ben poca cosa per tutto quello che sarà dopo.

    Sborrai svuotandomi non solo i testicoli dentro lei, ma anche tutto il mio essere si era liquefatto e sconfezionato in quel rapporto, ero, anzi eravamo madidi di sudore, ed ancora col cazzo ben piantato nella sua figa, in un memorabile spettacolo per gli occhi, dissi: lo vuoi rifare?

    Strabuzzo gli occhi, poi con un affermativo gesto del capo mi incitò a riprendere da dove avevamo lasciato, presi a muovermi ritmicamente, il mio cazzo sguazzava in un mare di liquido seminale, avevo la sensazione di fottere una coppa di panna montata, non avevo più il sentore delle labbra della vagina e dello sfintere vaginale, il mio scopare in quelle condizioni non aveva il piacere del rapporto precedente, tirai fuori il cazzo e dissi a Simon di ripulire il tutto.

    Adalgisa si rilassò, chiuse gli occhi e si godette la lingua del figlio che lappava con maestria tutto quel ben-di-Dio; Adalgisa mi teneva la mano e dalle sue piccole contrazioni capivo il suo stato, era sovreccitata, la sua ipersensibilità la faceva trasalire al minimo contatto col suo essere, Simon si prese cura anche del mio cazzo, lo leccò da tutte le parti, lo insalivò, lo rileccò, lo imboccò e deglutì tutto ed oltre, anche qualche peluzzo, mio o di sua madre, lo tirò via senza sputarlo...

    Quando le operazioni di "lavaggio" terminarono, introdussi nuovamente il mio cazzo (che per tutto questo tempo era rimasto turgido)(beata gioventù) nella figa, adesso "l' ambiente" era più confortevole, la sensazione del contatto era rimarcata; Adalgisa si godeva il momento di esaltazione tenendo gli occhi socchiusi, partecipava passivamente (so che è un controsenso), lei subiva piacevolmente questa situazione.

    La figa di Adalgisa era fortemente arrossata, bollente, nemmeno la naturale lubrificazione le dava sollievo, cosicché mi pregò di incularla (fammi riposare la "cosina" mi disse esattamente), il suo forellino anale era già abbastanza lubrificato dai suoi stessi umori e dalla lingua di Simon, entrarvi, però, non fu così facile, il suo sfintere anale era fuori esercizio.

    Simon venne in ausilio con un cazzo di legno intagliato (se lo si guardava da un lato sembrava un cane, i testicoli erano le guance, era un simpatico oggetto che mi fu regalato e che conservo ancora) ed un po di burro che col caldo che faceva era praticamente fuso. Vedere quell' oggetto, manovrato da Simon, entrare ed uscire dal suo ano, vedere le piccole crespe anali "respirare" (si tendevano e si rilassavano, senbrava che avessero i polmoni) era uno spettacolo da non perdersi, anzi era uno spettacolo nel quale ci si perdeva, quando ritenni che potevo possederla pregai Simon di farsi da parte e presi il suo posto, egli (Simon) per tutta risposta si stese accanto alla madre ed iniziò a masturbarsi il culo col "cane di legno".

    Se il culo di Simon fu il più bel culo maschile che abbia mai posseduto, quello di Adalgisa è stato sicuramente il più bel culo femminile.

    La tenevo per le natiche sollevandola leggermente mentre possedevo per tutta la lunghezza del cazzo il suo bel culo (a tal proposito mia nonna mi aveva insegnato l' "ars amandi" come unica e sola "materia" per una vita piena di soddisfazioni)(ricordo sempre ciò che mi diceva nonna, il sesso non è solo riproduzione come per gli animali, gli esseri umani hanno il dovere e il diritto di goderselo al meglio), uscire completamente il cazzo dall' orifizio che si sta possedendo è la magia per godere di più, i ricettori (oggi si conosce il punto G) sono nei primi centimetri, in fondo non vi è quasi più godimento.

    Scopavo mettendocela tutta, roteavo un po' il bacino, facevo strusciare il glande, quando lo tiravo fuori, con la clitoride, rimettevo il cazzo dentro sino in fondo, con studiata lentezza, facendole godere tutto il passaggio del cazzo fra le crespe anali e lo sfintere, giocavo con le dita nella sua vagina, titillavo la clitoride, strizzavo i capezzoli, ma mi rendevo conto che stavo facendo "mestiere".

    Non era quello che volevo, se questa "divina creatura" voleva un figlio da me non era sicuramente un mero calcolo matematico ma; ci doveva essere sicuramente del sentimento, delle passioni.

    Smisi la parte dell' attore, non era il caso, mi abassai su di lei ed iniziai a baciarla appassionatamente, ci abbracciammo, ci rotolammo sino a cadere dal letto, senza interrompere continuammo a fare l' amore sul tappetino scendiletto, quando lei capì che stavo per giungere alla meta mi suggerì di sborrarle nuovamente nella figa, cambiai foro, lei mi avvinghiò con le gambe ed io venni ancora copiosamente dentro di lei. Con le spalle ancora sul tappetino, alzò le gambe sul letto per dare energia gravitazionale agli spermatozoi, era bellissima in questa veste di donna, femmina e madre.

    Il trillo del campanello ci fece trasalire, Simon, che era quello più sveglio, si infilò la vestaglia(mia) e scese da basso, era arrivata Clodette, una donna non più giovane ma ancora piacente, la tuttofare della pensione, puliva, cucinava, rifaceva le camere etc.

    Adalgisa, che non si era mossa dalla sua posizione, mi prese la mano e la portò al suo ventre, poi sussurrò: vedrai che sarà bellissimo.

    segue...
     
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0 replies since 30/12/2016, 19:46   525 views
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