Simon

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  1. Rosa Bulgari
     
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    La mia salivazione si era azzerata, aprivo le labbra come un pesce senza emettere alcun suono, la sua frase "ti piaccio" mi esplodeva ancora nelle orecchie ed io non riuscivo a dirgli che mi ero innamorato delle sue fattezze, che era bello come un ballerino di danza classica, che era la figura maschile più armonica che avessi mai visto (intendiamoci; io ero molto bello e attraente allora, lo sono ancora adesso, chi mi ha conosciuto dice che ero più bello dell' attuale Raoul Bova), la cosa che feci fu prendere la sua testa tra le mie mani e baciarlo in bocca, un vero, lubrico, bacio.

    Indossai la mia vestaglia di seta rossa, mentre Simon si rivestiva, lo presi per mano e ci incamminammo da basso verso la sala da pranzo, non vi erano altri ospiti eravamo solo noi tre.

    La sig.ra Adalgisa (la madre di Simon) era toscana come me, ed era vedova, suo marito era "passato a miglior vita" qualche mese prima (incidente tramviario), era una donna poco meno che quarantenne, molto curata nei modi e nell' aspetto, bella dentro e fuori, esile, bionda e con un fresco ed accattivante sorriso.

    La cena fu in mio onore (in genere a cena loro fanno una zuppa di cipolle con crostini e poche altre cose), una cena tutta italiana.

    Adalgisa notò la mia aria sublimata, così come notò quella del figliolo, così quando pose il piatto dinnanzi a me mi accarezzo con un gesto di approvazione i capelli e mi diede un bacio sulle labbra a fior di labbra, ero al settimo cielo.

    Ci alzammo, aiutai a sparecchiare, la sig.ra Adalgisa ci disse di lasciar perdere che ci avrebbe pensato lei, poi, quasi perentoriamente disse: andate a divertirvi.

    Presi per mano Simon (che nell' alzarsi fece una piroetta) e lo condussi in veranda..., il fumo della mia Gitane saliva dritto-dritto verso il soffitto della veranda, segno che non c' era alcun vento, Simon incominciò a far muovere il divanetto a dondolo nel quale ci eravamo seduti, il movimento apriva la mia leggera vestaglia e faceva comparire le mie forti e pelose cosce, i miei testicoli e il mio pene coricato su di un fianco come un vigoroso atleta a riposo, Simon, senza guardarmi, vi posò sopra la sua fresca mano ed incominciò ad accarezzarlo come se fosse un delicato uccello.

    Non era possibile restare impassibili a quelle carezze, il cazzo si tese, si alzò svettante come l' albero maestro di un veliero, Simon lo prese a due mani e cominciò uno struggente saliscendi contornato da delicati colpi di lingua sul grosso e paonazzo glande, poi, quasi sussurrando (non so se rivolto a me oppure al cazzo) disse: mi vuoi, vuoi possedermi, perchè io non resisto più ho troppa voglia.

    Detto questo si alzò dal mio fianco, dove era seduto, e si mise a cavalcioni su di me sempre tenendo con due mani il mio poderoso membro, la sega stava per avere effetto, se ne accorse anche lui dal pulsare delle vene che contornano il cazzo e dal colore paonazzo-lucido del glande, allora si alzò in piedi, si sfilo i calzoncini, si sfilò le mutandine e con gesto repentino ma studiato ad arte si sedette (dandomi le spalle) direttamente sul cazzo.

    Il tentativo di penetrazione andò a vuoto, il cazzo troppo grosso, il culo troppo stretto e la lubrificazione assente fecero fallire l' evento, ebbe un piccolo gesto di stizza poi chiamò sua madre e si fece portare del burro, io ero allibito, gli dissi che sua madre avrebbe capito, che magari ci avrebbe sgridati(nella migliore delle ipotesi) oppure mi avrebbe invitato ad andarmene (magari in malo modo), lui si girò con un viso angelico e disse: aspetta e vedrai.

    Arrivò, col burro, la sig.ra Adalgisa, prese con le dita un po di burro ed unse l' ano di Simon mettendone un poco anche dentro, poi venne da me prese dell' altro burro e lo spalmò sul mio cazzo, io ero impaurito ed eccitato allo stesso tempo, non so se era maggiore la vergogna, l' eccitazione o la paura, fatto stà che il massaggio per spalmare il burro mi rassicurò non poco e la nuova situazione (la mano di sua madre che per spalmare mi faceva una sega) tese ancor più il già enorme cazzo.

    La sig.ra Adalgisa si leccò le dita unte di burro, quel gesto includeva anche spalmarselo sulle labbra che divennero lucidissime, poi si sedette al mio fianco, si sollevò la gonna (non portava mutandine) ed iniziò a masturbarsi la clitoride.

    Simon fece il suo secondo tentativo, questa volta ebbe successo, si sedette letteralmente sul cazzo senza tanti preamboli ed iniziò un favoloso lavoro di sfintere, la sig.ra Adalgisa prese la mia mano e la portò alla bocca cominciando a leccarmi le dita, poi dopo averle leccate ben-bene le usava per masturbarsi dentro e fuori dalla vagina, sul clitoride, sulle grandi e sulle piccole labbra, Simon iniziò a fare un ritmato saliscendi, continuo, senza sosta, il suo culo era l' apoteosi della bellezza, la scena che stavo vivendo non aveva pari nei miei ricordi, nella mia memoria.

    Resi libere le mie mani dalla sig.ra Adalgisa, cinsi per i fianchi Simon e lo obbligai ad acclerare il ritmo, ero al parossismo, stavo sborrando nelle viscere di Simon un quantitativo indefinito di sperma, ero madido di sudore, sporco di burro fuso, imbrattato di sperma però ero felice.

    La sig.ra Adalgisa, quando Simon si staccò da me, mi ripulì, con un meravilioso pompino, il cazzo, poi si attaccò con la lingua alla "voragine" del buco del culo del figlio e cominciò a suggere tutto ciò che poté, alla fine con la bocca fortemente odorante di sborra vole baciarmi passandomi anche sulla lingua un po' di nettare.

    Nessuno aveva la forza di profferire verbo, ne di articolare gli arti, restammo su quel morbido divanetto dondolante per parecchio tempo ed era già buio quando rientrammo in casa ed Adalgisa (mi disse di darle il tu) volle che mi trasferissi nella sua stanza, poi aggiunse: domani voglio svegliarmi al tuo fianco.
     
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