Un filo lungo quanto il destino

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  1. Alexander Stregatto Magnus
     
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    Era una giovane kunoichi, una ninja femmina, un'assassina furtiva e silenziosa, insospettabile, addestrata fin da piccola nell'arte del travestimento, dei veleni, del canto e di tutte quelle arti che la avrebbero resa agli occhi di tutti una donna come tutte le altre; nessuno poteva sospettare di lei, nemmeno il più astuto dei Daimyo, era praticamente la spia definitiva. Ora era seduta in ginocchio di fronte al suo signore, l'unico Daimyo che era riuscito a sopravvivere ad un suo assassinio, Masakado Nobuhiko, signore della provincia di Osaka.

    “Il lavoro è stato compiuto mio signore” disse la kunoichi, la sua voce calda e melodiosa, carica di orgoglio per aver soddisfatto il suo signore ed anche, ovviamente, per aver dimostrato ancora una volta che era la migliore “Molto bene” rispose pacatamente Masakado “Sono felice di poter sempre contare su di te, Kikusui” aggiunse mentre la ninja si piegò ancora di più quasi a toccare il tatami “Non serve che dubitiate di me, mio signore, io vi sarò sempre a fianco, sempre” gli rispose Kikusui, sollevando poi il busto e sorridendogli appena, aspettandosi un elogio ancora più lungo oppure altre parole dolci dall'unico uomo che la avesse mai colpita così a fondo; ma non arrivò nulla, Masakado si limitò ad alzarsi ed ad andare verso la porta che dava sul giardino interno della residenza, mentre con la stessa voce tranquilla e quasi apatica di prima le disse soltanto “Puoi andare, non voglio strapparti altre ore di sonno”. Kikusui restò a bocca aperta per poco, annuendo ed inchinandosi ancora si alzò, voltandosi anch'ella, pronta ad uscire dalla stanza “Mio signore se posso permettermi, vorrei farle una sola domanda” si azzardò a chiedere la giovane, girandosi verso di lui per guardarlo, la sua veste di seta frusciò appena, i tabi non emisero alcun suono quando si girò sui talloni “Chiedi pure” replicò il lord, continuando a darle le spalle “Sa per caso dirmi che giorno è oggi?” “Mmh?” la domanda di Kikusui arrivò come un suono inaspettato alle orecchie del signore feudale, facendogli girare la testa incuriosito verso di lei “Perchè questa domanda? Ho forse dimenticato qualcosa di importante oggi?” quella fu la prima volta che si sentì veramente ferita dall'uomo che adorava; mantenendo una compostezza ed una freddezza dettate dal più rigido degli insegnamenti, Kikusui sorrise, come era solita fare con tutti quelli che doveva uccidere, gli “altri”, tutti quelli che non erano il SUO signore “Assolutamente mio signore” replicò e con un flebile inchino si apprestò ad uscire, aprendo la porta scorrevole “Aspetta Kikusui” le intimò dolcemente Nobuhiko “Mi prendi forse per uno sciocco? Tu mi stai nascondendo qualcosa, il tuo animo è turbato, te ne prego” disse lisciandosi un baffo grigio lucente “Non tenermi all'oscuro dei tuoi pensieri”.

    Mossa a rabbia, quasi una stizza infantile, ella battè il piede sinistro per terra e lo guardò con occhi di ghiaccio “Vi siete dimenticato anche questa volta! Siete voi che prendete in giro me!” poi si avvicinò con piccoli passi rapidi a Masakado, arrivandogli fin sotto al mento, lo sguardo sollevato appena per poterlo guardare dritto negli occhi “Come potete dimenticare un giorno così? Dite che contate su di me, che vi fidate e che tenete a me! Che modo di dimostrarlo è questo?!”. Del tutto preso in contropiede Masakado mosse un passo indietro, sollevando un sopracciglio con sguardo ancora più confuso permettendo a Kikusui di avvicinarsi di un altro passo, praticamente ormai quasi lasciandosi andare contro il petto del lord “Oggi...è l'anniversario del nostro incontro....mi giuraste che oggi voi” qui la voce di Kikusui si spezzò, l'imbarazzo e la voce strozzata un attimo da quello che sembrava un singhiozzo “Voi....avreste soddisfatto un mio desiderio, qualunque, l'importante era che vi rimanessi fedele e-ed io l'ho fatto!” finì Kikusui, alzando lo sguardo e mettendo la sua piccola mano sinistra sul petto di Masakado. Egli, per un attimo colpito dall'audacia nelle parole e nel gesto rimase in silenzio, poi di colpo si mise a ridere, una risata allegra e genuina non certo derisoria; poi accarezzandole dolcemente la testa, il Daimyo sorrise e le rispose con dolcezza “Ma mia cara, non puoi chiedermi di non dimenticarmi il giorno in cui ci siamo incontrati, poiché quello è stato il giorno in cui ho rischiato la vita per mano tua! Preferisco di gran lunga ricordare i momenti spesi in questo lungo anno assieme, piuttosto che ricordare solo ed esclusivamente quello, non credi?” le dolci e sagaci parole di Masakado colpirono la kunoichi come un pugnale dritto al cuore: dunque lui ricordava ma aveva scelto i momenti in cui avevano chiacchierato al caldo, in quella stessa stanza, durante i lunghi mesi invernali? Oppure durante l'assedio al castello, in cui ogni notte lei faceva segretamente ritorno dal suo signore per riferire i piani del nemico e lui, per ricompensarla, la faceva dormire nel suo alloggio, aspettando sempre che si addormentasse prima di lasciarla sola? Questa piccola rivelazione le fece mordere il labbro inferiore ed immediatamente guardare a terra, le sue guance rosse come ciliegie mature “N-non immaginavo, non avete mai-” “Tuttavia” proseguì il suo signore con tono più serio e gravoso “Accusarmi di essere anche così sbadato da rasentare la stupidità è qualcosa che mi delude profondamente: non avevo dimenticato la mia promessa e mai lo avrei potuto fare; ci conosciamo ormai da un anno e dovresti sapere che, sebbene possa essere giudicato troppo deciso, quasi un'ostruzionista dagli altri, una cosa di certo non sono ovvero un bugiardo” la fulminò con lo sguardo ed ella, sentendosi improvvisamente piccola al suo cospetto, si prostrò ai suoi piedi, la testa chinata mentre chiedeva perdono delle sue azioni “Fate di me ciò che volete! Non merito più la vostra pazienza o fiducia!” aggiunse mentre aspettava che il Daimyo pronunciasse la sua sentenza.

    Quando sollevò il capo si ritrovò faccia a faccia con il suo signore, inginocchiato di fronte a lei, che le posava una mano sul capo, sorridendole sereno “Fa la tua richiesta: mi scuso per non averti incalzato prima ma, forse ora tu deriderai questo povero vecchio ma, speravo fossi tu ad avanzare la proposta, tanto sono abituato alla tua esuberanza che trovo così dolce e divertente” finì Masakado, togliendo la mano ed aspettando che la giovane, riavutasi dalle sue parole, gli rispondesse; questa volta era Kikusui ad essere presa in contropiede, tuttavia, deglutendo un attimo e raccogliendo tutto il coraggio necessario, lo sguardo fiero e dritto, penetrante come una wakizashi, disse “Voglio essere sua, la sua donna e di nessun altro”. “Hmpf” sbuffò il Daimyo lisciandosi un baffo, sempre con un sorriso rilassato sul volto “Suvvia non scherzare” “Non scherzo” replicò Kikusui, avvicinandosi con il busto al viso del lord, appoggiandosi con una mano sul tatami mentre con l'altra gli accarezzò il viso che solo recentemente aveva osato accennare una singola ruga sulla fronte; Masakado, per la prima volta nella sua vita, si ritrovò a sudare freddo, completamente bloccato da quella giovane ninja che era sempre stata come una figlia per lui, eppure, ora che era così vicina e poteva sentire il suo profumo, come un candido fiore di pesco, si ritrovò impreparato a rispondere a tale richiesta “Tu stai decisamente chiedendo troppo, pensaci un secondo” “Ho avuto modo di pensarci per un anno intero mio signore, un anno in cui ho scoperto non solo di rispettarla ma anche di amarla Masakado, mio signore” aggiunse Kikusui mentre si alzava in piedi, cominciando a slacciarsi leggermente il kimono color prugna con ghirigori dorati rappresentanti intricate matasse di fili e bachi da seta “Potrei essere tuo padre!” cercò di replicare lui con un fil di voce ma, non appena levò gli occhi verso di lei, vide il suo busto nudo, le spalle che si curvavano dolcemente ad incorniciare un delicato seno, non prominente ed eccessivo, ben misurato e tondo come se Kikusui fosse un melo i cui frutti fossero già pronti per essere colti.

    Con un sorriso lei gli tese le braccia e, dopo che egli si alzò in piedi, lo abbracciò serenamente, mettendosi sulle punte per cominciare a baciargli il collo, le sue mani poi che gli accarezzavano la schiena fino a che non trovarono la cintura che teneva legato il suo kimono. Lentamente glielo sciolse, lasciandoglielo scivolare addosso, esponendo il suo petto nudo, il quale era quello di un guerriero vissuto, quello di un Daimyo che per più di quarant'anni aveva retto un feudo in lotta contro gli altri signori feudali, un uomo che quella notte sarebbe stato legato a Kikusui da più di un semplice filo; alla fine persino Masakado cedette e, sollevando lentamente il viso della kunoichi lasciò che le sue ruvide labbra incontrassero le morbide di lei, un bacio così pregno di passione da far tremare per un attimo le mani di entrambi, mentre con un leggero fruscio il kimono di Kikusui scivolò a terra, lasciando al suo signore campo libero perchè le sue mani, più propense ad impugnare una spada che un corpo femminile, esplorassero quello nudo di Kikusui, la quale ad occhi chiusi, sospirava e gemeva appena, ogni volta che quelle dita callose sfioravano parti sensibili come i suoi seni, i capezzoli turgidi oppure le cosce che erano leggermente aperte di modo che non ci fosse alcun genere di ostruzione per le mani del Daimyo.Dopo essersi seduti e, dopo che Kikusui si voltò a dargli la schiena, Masakado la tirò a se gentilmente e cominciò a toccarla “M-Mio signore” gemette appena mentre si strusciava contro il petto nudo del suo lord, le gambe aperte mentre le dita di Masakado le stuzzicavano e titillavano il clitoride, dita ruvide e callose, che ogni volta che le passavano sul sesso delicato, lanciavano scosse di puro piacere nei fianchi di Kikusui, la quale si contorceva e lasciava che il suo corpo fosse preda di quegli assalti che le producevano spasmi nel basso ventre; quando il lord ritirò le dita ormai inzuppate e fradice, Kikusui sospirò e gemette, mentre si voltò per baciargli il petto, scendendo verso il muscoloso addome ed infine, dopo averlo denudato completamente, del virile membro, ancora in forze ed apparentemente pronto per essere usato come arma da affondo. Mentre lo accarezzava e stava per accoglierlo in bocca, Masakado le prese dolcemente il viso tra le sue mani, sollevandoglielo e cominciando a baciarla in ogni singola parte del viso, dalle labbra agli occhi, dalle arrossate guance alle orecchie finché non le sussurrò “Una donna come te non deve abbassarsi a fare questo” e Kikusui avrebbe voluto replicare che per lei non era un dovere ma un piacere, che per lui si sarebbe concessa a qualsiasi scandalosa ed indecente fantasia con la stessa facilità con cui aveva finto di amare e di sedurre gli altri uomini e donne che avrebbe poi ucciso, ma nulla di tutto questo le uscì dalla bocca poiché il Daimyo, con un mossa decisa e dettata dalla praticità, una mossa di arte marziale, la ribaltò lasciando che finisse con le gambe all'aria, le sue mani tenevano saldamente le caviglie mentre allargava appena le gambe. Kikusui sussultò di sorpresa per poi, istintivamente, per la prima volta dopo aver finto innumerevoli volte con altri uomini, cercare di coprire la sua parte più intima, un moto di vergogna ed imbarazzo che fino a qualche momento fa sembrava sparito mentre ora stava rimontando veloce lungo tutto il suo essere. Quel gesto così naturale, così inusuale da parte sua, fece sorridere Masakado e, dopo averle scostato le mani, lasciò che il suo membro la penetrasse a fondo; egli aveva avuto delle donne nella sua vita ed ormai aveva imparato che era sempre meglio frenare il proprio impeto, un assalto lento ed ondulato come delle leggere increspature sull'acqua, perciò quando entrò dentro Kikusui lasciò che i fianchi si muovessero appena, volendo stare di pari passo al ritmo della ragazza; Kikusui, dall'altra parte, non appena sentì il suo signore penetrarla così dolcemente, sentì che nulla più aveva importanza, non c'era niente intorno a lei tranne Masakado, il suo signore e padrone; questa sensazione la assalì come un vento fresco in una giornata afosa, dandole un impeto quasi ferino: si avvinghiò a lui, lasciando che i suoi fianchi le sbattessero contro quelli del Daimyo, avanti ed indietro, un moto veloce ed irruento, mentre sia le braccia che le cosce erano strette attorno al collo del lord le une ed alla sua vita le altre, una pura estasi si poteva scorgere sul suo viso che ormai non era altro che un enorme sorriso arrossato, sembrava quasi che stesse piangendo dalla gioia!

    Masakado fu preso dalla stessa enfasi e, non volendo essere da meno, decise di assecondare quelle spinte irruente con altre di altrettanta intensità, lasciando che il suo pene, ormai ricoperto degli umori interni di Kikusui, scivolasse dentro e fuori, pulsando e spingendo ininterrottamente nella sua figa, mentre i gemiti della giovane kunoichi si levavano alti nella stanza e con una tale intensità che, intimorito che qualcuno li potesse scoprire, il Daimyo si ritrovò costretto a soffocarli con un altro bacio, sorreggendole il busto di modo che Kikusui si ritrovasse seduta sopra di lui, un abbraccio dolce e disperato, come se sia l'uno che l'altra temessero di dover essere separati proprio in quel momento. Kikusui continuava a muovere i fianchi, ora le mani del Daimyo a sorreggere e stringere le piccole e sode natiche di lei, aiutandola a salire e scendere dal fallo che la trafiggeva, mentre lei, ormai del tutto avvinghiata anima e corpo al suo signore, si limitava a baciarlo sulle labbra ed a dargli morsi sul collo qualora il piacere fosse troppo da contenere in un bacio, dei morsi tra collo e scapola dei quali in seguito Masakado avrebbe tenuto un dolce ricordo. Continuarono così per tutta la prima parte della notte, ogni volta che uno dei due aveva un orgasmo, l'altro lo cullava in effusioni dolci di affetto, dando ad entrambi tempo per riprendersi e lasciare che la passione non si spegnesse ma rimanesse temporaneamente sopita come braci di un fuoco da campo; quando, però, ai primi canti delle rondini Kikusui si svegliò, nel futon del suo signore con egli stesso a fianco, ancora addormentato, un sorriso da ragazza le dipinse il viso, uno spensierato e quasi ingenuo sorriso: per una notte non era stata la spietata e letale assassina ma una donna come tutte le altre, che aveva consumato un rapporto intimo con il suo lord ovviamente, ma comunque senza dover nascondere se stessa oppure far finta di essere qualcun altro.
    Masakado si svegliò subito dopo che Kikusui aveva finito di sdraiarsi di nuovo accanto a lui per accarezzargli il viso; all'inizio il suo sguardo era sbarrato, come di qualcuno che si fosse svegliato credendosi morto poi, mentre si specchiava negli occhi di Kikusui, si rasserenò, allungando un braccio attorno ai fianchi della ragazza “Credevi che ti avrei tradito ed ucciso nel sonno?” “A dir la verità sì, ma la cosa che più terrorizzava era che tu mi avessi drogato e lasciato di fronte alla casa dei Tosada così come sono: nudo e disarmato” la piccola battuta fece sorridere e ridacchiare in maniera genuina la kunoichi che si avvicinò per baciarlo con la stessa passione con cui avevano fatto l'amore la notte prima, ma Masakado la interruppe posandole una mano sul petto “Perchè hai voluto questo? Non dirmi che mi ami per davvero, sarebbe troppo ridicolo ed incredibile da credere”.

    Il sorriso di Kikusui si crepò, lasciando intravedere non solo la sua sorpresa e dolore per le parole del Daimyo ma anche un forte senso di delusione, come se per l'appunto tutto quello che lei aveva detto, tutto quello che avevano fatto assieme fino all'alba non fosse sufficiente al suo signore, nonostante tutto lui ancora aveva dei dubbi nei suoi confronti “Forse...” iniziò a parlare Kikusui, la voce strozzata, la gola secca improvvisamente che la costrinse a deglutire un paio di volte prima di poter rispondere il che, però, le diede tempo anche per riflettere sulla sua risposta, sul pensare a quali parole utilizzare per poter convincere quel vecchio guerriero a fidarsi delle sue intenzioni. “Forse ha ragione, forse sono qui solo e soltanto per vederla morire lentamente, grazie al veleno che le ho fatto ingerire ieri notte, mentre mi scopava e mi baciava con passione” Kikusui lasciò che il dubbio si insinuasse nella mente del Daimyo, che i suoi occhi lasciassero trasparire panico e dubbio e che le sue labbra tremassero di quella che era genuina delusione, senso di tradimento; solo allora, prima che potesse proferire parola, la giovane ninja mise un dito sulle labbra del suo signore, per poi continuare con un sorrisetto beffardo “Oppure...potrei aver chiesto questa notte per fare in modo che mi lasciaste gravida; vi manca un erede, cosa che ai Daimyo dei feudi attorno al vostro di certo non manca, posso dirlo con una certa sicurezza” aggiunse ammiccante “Mentre voi, mio signore, avete sempre avuto pensiero solo per la vostra gente ed il vostro feudo. Voi siete un guerriero, un nobile e forte signore della guerra e so perfettamente che per voi che, come dicono alcuni dei vostri amici fidati, “preferireste montare il vostro cavallo verso una morte gloriosa in battaglia, che montare una cavalla per farne allevamento”, testuali parole mio signore” si affrettò ad aggiungere Kikusui che già notava l'indignazione del suo signore montare, pronta a sfogarsi con un duello d'onore ed uno spargimento di sangue inutile “Voi, dicevo, voi invece siete sempre stato un uomo che pensa al domani come un amico con cui fare una passeggiata, un amico che potreste perdere da un momento all'altro se non aveste un saldo bastone a sorreggervi e, proprio perchè vi sono fedele, forse volevo che mi lasciaste l'ultimo compito per una donna quale io sono: portare nel vostro grembo il discendente della sua casata”

    Conclusa questa frase, ella tolse il dito dalle labbra del suo signore, si alzò e si rivestì con il suo kimono, lasciando il suo signore disteso nel futon ad osservarla basito; quando giunse sulla porta, aprendola appena da poter già mettere un piede fuori, Kikusui si voltò un'altra volta, a guardarlo, gli occhi maliziosi come quelli di un gatto che aveva appena finito di rubare un pesce ad un pescatore di passaggio “Oppure” iniziò “Oppure....non è nessuna di queste ipotesi: potrei averne infinite e tutte una più fantasiosa ma, al tempo stesso, possibilmente reale dell'altra, così come potrebbe essere la spiegazione più ovvia di tutte mio signore...ovvero che vi ami” a quella frase lui fece per alzarsi, lei si apprestò a frapporre la porta tra sé ed il Daimyo, ancora socchiusa, di modo che si potesse vedere solo metà del suo viso “Ma se siete così desideroso, così curioso di sapere il perchè” aggiunse mordendosi il labbro inferiore, insicura se finire quella frase che avrebbe segnato il suo destino ma, dopo aver visto come quel dolce vecchio, in piedi, nudo, pendesse dalle sue labbra e sembrasse voler a tutti i costi sapere la verità, tale era sempre stato in fondo il comportamento del suo signore, solo allora si convinse e finì “Allora, permettetemi di tornare da voi, questa sera, e vi darò una verità, non tutta, ma solo una parte” e così dicendo chiuse in fretta la porta, i piccoli passi che si perdevano nel corridoio e poi lungo tutta la dimora del Daimyo; nel mentre Masakado, rimasto in piedi a fissare la porta, come se da un momento all'altro Kikusui dovesse rientrare, notò solo dopo che un piccolo filo, color prugna, dello stesso colore del kimono di Kikusui, si era incastrato nella porta e che, una volta che egli lo prese in mano, si districava lungo il corridoio, probabilmente lungo tutta la magione, con a capo quello che, ormai, sapeva essere il suo destino.

    Chiedo scusa se ci sto mettendo un pò tra un racconto e l'altro ma spero che vi possa comunque piacere questo racconto e che continuiate a seguire questi miei piccoli passi nella mia fantasia erotica ;) Grazie ancora e buona lettura!
     
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  2. Miriii
     
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    Mi è passata la voglia di leggere dopo la decima riga.
     
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1 replies since 21/9/2018, 12:43   1741 views
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